Ciao, forse anche tu hai provato, almeno una volta, un richiamo verso qualcosa di più profondo. Una sensazione difficile da spiegare: il bisogno di capire chi sei davvero, di vivere in modo più autentico. Ma poi, ti sei fermato. Hai pensato: “No, queste cose non fanno per me.” È possibile che in quel momento non stessi davvero ascoltando te stesso, ma un pregiudizio invisibile, quello che in psicologia viene chiamano bias della generalizzazione.
Cos’è?
È una distorsione del pensiero: da un’esperienza negativa o limitata, si arriva a conclusioni assolute. Hai incontrato qualcuno che parlava di spiritualità in modo esagerato? Allora “sono tutte cose poco serie.” Hai visto un documentario che ti ha fatto alzare gli occhi al cielo? Allora “è tutta una farsa.”
Hai provato una pratica che non ha funzionato subito? Allora “non è per me.” E così, senza accorgertene, ti chiudi una porta. Ma quella porta non dà solo sulla “spiritualità”: dà anche sul tuo ascolto profondo, sul tuo daimon, su ciò che ti fa sentire vivo. Il fatto è che la spiritualità non è necessariamente una categoria a cui appartenere, e non è certamente una moda da seguire. È un cammino personale: può essere silenzioso e semplice.
Il mio invito è che se senti che dentro di te qualcosa vuole cambiare — anche se non sai bene cosa — non respingere quel sentire solo perché il mondo intorno ne ha fatto una caricatura.
Lascia che possa trovare uno spazio, anche piccolo. A volte basta iniziare con un ascolto sincero.